giovedì 22 febbraio 2018

Luigi Ghirri: storia di un ritrattista del pensiero che ha fermato il tempo e trasformato lo spazio

Luigi Ghirri era un uomo molto distratto, costantemente immerso nei suoi pensieri. Lo ricordano così gli amici e compaesani che ancora oggi ne parlano con grande ammirazione, dipingendolo come avvolto da una grande aurea di mistero, propria di un grande artista. Di mestiere Luigi faceva il geometra. Poi, a un certo punto della sua vita, decide di mollare tutto e di lasciarsi andare alla sua grande inclinazione artistica: la fotografia. A oggi Ghirri può essere considerato uno dei capo scuola italiani della fotografia paesaggistica. Come l’illustre collega Gabriele Basilico, anche Ghirri intraprende un’affascinante studio sulla percezione dello spazio e del territorio, slegandolo drasticamente dall’immagine da cartolina che negli anni ’80 costituiva gran parte dell’immaginario collettivo  italiano. Questo nuovo approccio al territorio si concretizza, negli anni ‘80, in alcuni dei progetti più importanti del fotografo emiliano: Viaggio in Italia (1984), Esplorazioni sulla Via Emilia – Vedute nel paesaggio (1985), e Paesaggio italiano (1980-1989).  Qui i paesaggi appaiono come sospesi, quasi metafisici, caratterizzati da una grande semplicità, frutto di una lunga riflessione volta alla comprensione di se stesso e del mondo che lo circonda.

Luigi Ghirri: il paesaggio italiano nascosto


Luigi Ghirri libera dalle tenebre l’Italia nascosta, quel territorio silenzioso che l’iconografia tradizionale, influenzata dallo stereotipo turistico, aveva cercato di cancellare con tutte le forze. Il fotografo cerca così di superare l’immagine del “luogo comune”, sforzandosi di ricercare nuove metriche per misurare la periferia e la provincia, più poetiche e personali. Per lui la fotografia non è altro che la rappresentazione di uno dei tanti mondi possibili, che, in parte, nulla hanno a che vedere con quello reale. I suoi paesaggi sono in qualche modo a stretto contatto con il suo mondo interiore: spesso composte da pochissimi, ma essenziali, elementi, i suoi scatti si trasformano in porte della percezione, luoghi di confine in cui il reale e il metafisico lavorano assieme per la creazione di una nuova interpretazione del mondo. I luoghi di Ghirri si trasformano così in “non luoghi”, territori rarefatti e sovraesposti, prodotti di un lungo processo creativo in cui è la sperimentazione del colore a farla da padrone.

Il mistero, l'enigma e la cancellazione dello spazio


Il tema della memoria, dell’incanto e del fantastico: sono questi gli elementi caratterizzanti le opere di Ghirri. Il fotografo reinterpretava il paesaggio decontestualizzandolo dalla sua dimensione quotidiana, per inserirlo in un ambiente sospeso, in cui la percezione del tempo è drasticamente stravolta. Le immagini di Ghirri, sono territori pieni di  mistero enigmatico. Lo stesso Gianni Celati, suo grande amico e ammiratore, descrive le opere di Ghirri come caratterizzate da un grande senso della narrazione: le immagini di Ghirri, nonostante sembrino immobili, ci parlano, raccontandoci di un mondo che ormai abbiamo dimenticato. In questo senso risulta molto interessante uno dei suoi ultimi scatti, Roncocesi, realizzato nel 1992: dopo più di 10 anni passati a indagare l’essenza dello spazio e dei suoi elementi, Ghirri decide di fotografare la sola nebbia, eleggendola a simbolo assoluto della cancellazione estrema del mondo.

La scomparsa di questi territori, però, ne implica una conseguente nuova nascita, al di fuori dei confini dell’immagine:

“La cancellazione dello spazio che circonda la parte inquadrata è per me importante quanto il rappresentarlo, ed è grazie a questa cancellazione che l’immagine assume senso diventando misurabile. Contemporaneamente l’immagine continua nel visibile della cancellazione, e ci invita a vedere il resto del reale non rappresentato. Questo duplice aspetto di rappresentare e cancellare non tende soltanto a evocare l’assenza dei limiti, escludendo ogni idea di completezza o di finito, ma ci indica qualcosa che non può essere delimitato, e cioè il reale” .

Come Federico Fellini per il cinema, e come molti altri artisti della sua generazione che si sono cimentati nella pittura e nella fotografia, Luigi Ghirri è riuscito in una delle imprese più ardue per un artista: quella di fermare il tempo e trasformare lo spazio.

Francesco Lodato



Il mondo possibile di Luigi Ghirri

Il mondo possibile di Luigi Ghirri

Il mondo possibile di Luigi Ghirri
Il mondo possibile di Luigi Ghirri




Nessun commento:

Posta un commento