Luigi Ghirri era un
uomo molto distratto, costantemente immerso nei suoi pensieri. Lo ricordano
così gli amici e compaesani che ancora oggi ne parlano con grande ammirazione, dipingendolo
come avvolto da una grande aurea di mistero, propria di un grande artista. Di
mestiere Luigi faceva il geometra. Poi, a un certo punto della sua vita, decide
di mollare tutto e di lasciarsi andare alla sua grande inclinazione artistica:
la fotografia. A oggi Ghirri può essere considerato uno dei capo scuola
italiani della fotografia paesaggistica. Come l’illustre collega Gabriele Basilico, anche Ghirri intraprende un’affascinante studio
sulla percezione dello spazio e del territorio, slegandolo drasticamente dall’immagine
da cartolina che negli anni ’80 costituiva gran parte dell’immaginario
collettivo italiano. Questo nuovo
approccio al territorio si concretizza, negli anni ‘80, in alcuni dei progetti
più importanti del fotografo emiliano: Viaggio
in Italia (1984), Esplorazioni sulla Via Emilia – Vedute nel
paesaggio (1985), e Paesaggio
italiano (1980-1989). Qui i paesaggi
appaiono come sospesi, quasi metafisici, caratterizzati da una grande
semplicità, frutto di una lunga riflessione volta alla comprensione di se
stesso e del mondo che lo circonda.
Luigi Ghirri: il paesaggio italiano nascosto
Luigi Ghirri libera dalle
tenebre l’Italia nascosta, quel territorio silenzioso che l’iconografia
tradizionale, influenzata dallo stereotipo turistico, aveva cercato di
cancellare con tutte le forze. Il fotografo cerca così di superare l’immagine
del “luogo comune”, sforzandosi di ricercare nuove metriche per misurare la
periferia e la provincia, più poetiche e personali. Per lui la fotografia non è
altro che la rappresentazione di uno dei tanti mondi possibili, che, in parte,
nulla hanno a che vedere con quello reale. I suoi paesaggi sono in qualche modo
a stretto contatto con il suo mondo interiore: spesso composte da pochissimi,
ma essenziali, elementi, i suoi scatti si trasformano in porte della percezione, luoghi di confine in cui il reale e il metafisico lavorano assieme per la creazione
di una nuova interpretazione del mondo. I luoghi di Ghirri si trasformano così
in “non luoghi”, territori rarefatti e sovraesposti, prodotti di un lungo
processo creativo in cui è la sperimentazione del colore a farla da padrone.
Il mistero, l'enigma e la cancellazione dello spazio
Il tema della memoria, dell’incanto e del fantastico: sono questi gli elementi caratterizzanti le opere di Ghirri.
Il fotografo reinterpretava il paesaggio decontestualizzandolo dalla sua
dimensione quotidiana, per inserirlo in un ambiente sospeso, in cui la
percezione del tempo è drasticamente stravolta. Le immagini di Ghirri, sono
territori pieni di mistero enigmatico. Lo stesso Gianni Celati, suo grande amico e
ammiratore, descrive le opere di Ghirri come caratterizzate da un grande senso
della narrazione: le immagini di Ghirri, nonostante sembrino immobili, ci
parlano, raccontandoci di un mondo che ormai abbiamo dimenticato. In questo
senso risulta molto interessante uno dei suoi ultimi scatti, Roncocesi, realizzato nel 1992: dopo
più di 10 anni passati a indagare l’essenza dello spazio e dei suoi elementi,
Ghirri decide di fotografare la sola nebbia, eleggendola a simbolo assoluto
della cancellazione estrema del mondo.
La scomparsa di questi territori, però,
ne implica una conseguente nuova nascita, al di fuori dei confini dell’immagine:
“La cancellazione dello spazio che circonda la
parte inquadrata è per me importante quanto il rappresentarlo, ed è grazie a
questa cancellazione che l’immagine assume senso diventando misurabile.
Contemporaneamente l’immagine continua nel visibile della cancellazione, e ci
invita a vedere il resto del reale non rappresentato. Questo duplice aspetto di
rappresentare e cancellare non tende soltanto a evocare l’assenza dei limiti,
escludendo ogni idea di completezza o di finito, ma ci indica qualcosa che non
può essere delimitato, e cioè il reale” .
Come
Federico Fellini per il cinema, e come molti altri artisti della sua generazione
che si sono cimentati nella pittura e nella fotografia, Luigi Ghirri è riuscito
in una delle imprese più ardue per un artista: quella di fermare il tempo e trasformare lo
spazio.
Francesco Lodato
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