L’8 febbraio 2018, presso la galleria Carla Sozzani di
Milano, è stato presentato Glasgow 1969,
il nuovo volume fotografico dedicato alla fotografia di Gabriele Basilico. Un lavoro inedito che
completa la trilogia conosciuta come Basilico
prima di Basilico, aggiungendosi ai due precedenti volumi che già la
compongono (Iran 1970 e Marocco 1971). In Glasgow 1969 si ha la possibilità scoprire un giovanissimo Gabriele
Basilico, ai tempi degli scatti ancora uno studente di Architettura.
Gabriele Basilico: la biografia giovanile
Tutto ha inizio verso la fine degli anni ’70: sono anni di grande
contestazione in Italia e tra i giovani nasce la necessità di potersi esprimere
liberamente per trovare il proprio posto nel mondo. L’arte (e ogni sua forma d’espressione)
è sicuramente il mezzo più congeniale nel raggiungimento di questo obiettivo. Affascinato dai lavori fotografici dei famosi
reporter americani, il giovane Basilico si improvvisa fotografo da “strada”, immortalando
alcuni istanti delle manifestazioni sessantottine.
È proprio in questo periodo che, armato di una Nikon F e provvisto di un solo rullino, Gabriele parte per un
viaggio in Scozia: arrivato a Glasgow, il ragazzo passa un’intera giornata di
sole a fotografare con disinvoltura e grande ispirazione gli abitanti del luogo:
bambini, donne, passanti. Attimi di vita, insomma, a cui fa da sfondo l’architettura industriale della
periferia cittadina. Immagini che oggi acquistano una grande importanza perché si
distaccano totalmente dalle produzioni future del fotografo, in cui l’attenzione
si posa più sullo spazio e la sua
composizione che sulle persone che lo abitano. Tornato dalla Scozia, infatti, il fotografo si lascerà andare in una profonda
riflessione sullo spazio cittadino, il luogo in cui tutte queste anime irrequiete
si incontrano e vivono.
Un’idea di arte: il rapporto tra fotografia e architettura
In un’intervista rilasciata a San Francisco nel 2007,
Gabriele Basilico riflette sul ruolo del
mezzo fotografico nella società contemporanea: la fotografia ci mette in
relazione con il mondo, aiutandoci a interpretarlo. In una società in cui
l’immagine fotografica ha completamente ingombrato il nostro immaginario visivo
e dove il cittadino è ormai abituato al continuo bombardamento di scatti
rappresentanti i luoghi in cui vive (una riflessione che si fa sempre più
lucida considerato l’avvento di Instagram), la presenza dell’artista diventa necessaria all’inquinamento
del punto di vista comune, per indirizzare l’osservatore a una nuova riscoperta del mondo, osservato ora attraverso occhi nuovi.
Il rapporto tra fotografia e architettura è sicuramente uno
degli elementi fondamentali di questa “poetica”: Basilico è attratto dalla
grande curiosità per la continua trasformazione dello spazio cittadino, così
tanto da sentirsi in dovere di ridefinirne i confini continuamente. Lo spazio
abitato rimane così sospeso, una
condizione (quella della sospensione temporale) che consente all’osservatore di
poter decodificare con più attenzione ciò che ogni giorno lo circonda. In un certo
verso, Basilico misura lo spazio per
definirne il senso. La città, che in Glasgow
1969 non era altro che lo sfondo dell’azione, diventa così essa stessa il
soggetto principale del mezzo fotografico.
Nonostante, quindi, questo volume rappresenti solo un
piccolo momento della carriera artistica del fotografo, è da considerare come il
tassello mancante di uno studio più approfondito al lavoro di una vita: l’inizio
di un processo creativo che ha portato Gabriele Basilico a ridisegnare e a
tracciare una mappa delle maggiori città del mondo.
Francesco Lodato
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