Fino al 3 giugno 2018, presso il Museo dell’Ara Pacis di
Roma si avrà la possibilità di ammirare alcuni degli scatti più suggestivi del
gruppo Magnum Photos, la gloriosa agenzia che più di tutti ha saputo
interpretare le trasformazioni politiche e sociali del secolo scorso. Tra tutti
gli artisti che ne hanno aderito spicca la figura di Henri Cartier-Bresson, mentore
e fondatore. Ci troviamo nel 1947, e il giovane Bresson si è da poco trasferito negli
States: qui, il fotografo convince gli amici Robert Capa, David Seymour, George
Rodger e William Vandivert a unire le forze per dare vita al progetto
collettivo che ancora oggi rappresenta uno degli episodi più importanti della
storia della fotografia.
Henri Cartier-Bresson: la passione, la guerra e Magnum Photos
Henri Cartier-Bresson è stato uno dei più grandi fotografi
di sempre: l’artista ha saputo cogliere lo spirito del ‘900 meglio di chiunque
altro, conquistando a pieno diritto il titolo
onorario di “occhio del secolo”. Il fotografo ha saputo raccontare
lucidamente la guerra civile spagnola, l’occupazione nazista, i funerali di Gandhi;
pensate che è stato l’unico fotografo occidentale a varcare i confini dell’Unione Sovietica in piena Guerra
fredda. Nato come pittore e poi prestato al mondo del cinema, nel 1932 Bresson, folgorato da una grande illuminazione, comprende la potenza visiva del mezzo fotografico. Così, compra una
Leica 35 mm, a cui affianca un obiettivo 50. Agile e leggero, Bresson comincia
a fotografare il suo mondo, mosso da una passione così ardente che solo la
seconda guerra mondiale poteva arrestare. Prigioniero in un campo nazista, dopo
vari tentativi di fuga, riesce finalmente a evadere, unendosi alla resistenza
francese. Sarà proprio lui, armato della sua fedele Leica, a documentare la
liberazione di Parigi. Qualche anno dopo nasceva Magnum Photos e tutta la serie
di reportage ormai passati alla storia.
Il teorico del momento decisivo
Per il fotografo la differenza tra una buona fotografia e
uno scatto mediocre risiede nella capacità di riuscire a cogliere il momento
decisivo, catturarlo e renderlo immortale. Da qui la fama di “teorico del momento decisivo”: i suoi ritratti
non rappresentavano mai soggetti in posa, ma sempre immortalati in fugaci azioni della
loro vita quotidiana. In questo senso, a quei tempi la Leica rappresentava il mezzo migliore
per poter catturare l’istante: il fotografo la considerava una vera e propria estensione
dell’occhio. Essa era leggera e poco ingombrante, perfetta per muoversi con
agilità.
“La semplicità espressiva va ricercata attraverso la semplicità dei mezzi” e in questo Bresson era un vero maestro: sapeva cogliere l’attimo, utilizzando la sua macchina fotografica in maniera istintiva, un intuito che solo la conoscenza assoluta e consapevole del mezzo poteva conferire.
“La semplicità espressiva va ricercata attraverso la semplicità dei mezzi” e in questo Bresson era un vero maestro: sapeva cogliere l’attimo, utilizzando la sua macchina fotografica in maniera istintiva, un intuito che solo la conoscenza assoluta e consapevole del mezzo poteva conferire.
Le fotografie di Henri Cartier-Bresson: la regola dei due terzi
Henri Cartier-Bresson è un maestro della composizione: la
sua arte era fulminante e istintiva ma allo stesso tempo anche studiata e ben
strutturata. La regola dei terzi è,
per esempio, un elemento molto presente in quasi tutta la sua produzione. Le
immagini di Bresson sono caratterizzate da una composizione perfettamente
equilibrata, che conferisce alle immagini una grande potenza visiva. In
pochissimi istanti, il fotografo aveva la capacità di posizionare perfettamente
gli elementi in campo, riuscendo
contemporaneamente a immortalare l’azione, improvvisa e irripetibile. Era come se
studiasse la composizione di quell’istante ancora prima di intrappolarlo. Un
istinto fotografico che non stupisce,
considerato che negli anni giovanili, periodo in cui amava dipingere, passava
intere giornate al Louvre, impegnato nello studio di grandi opere artistiche (come la sezione aurea di Piero della Francesca).
Per lui scattare una foto era proprio come dipingere un quadro: tutto doveva
essere al suo posto, al fine di creare un equilibrio perfetto tra gli elementi
dello spazio rappresentato.
Velocità e perfezione compositiva: questa era l’arte
fotografica di Bresson, il giovane pittore che ha trasferito la tecnica dei
giganti dell’arte nella fotografia di reportage. Alcuni dei suoi scatti migliori, e di molti altri artisti che nel corso del tempo hanno contribuito alla grandezza della Magnum Photos, sono ora disponibili al pubblico italiano, presso il Museo dell'Ara Pacis, ma solo fino al 3 giugno.
Francesco Lodato
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